mercoledì 16 maggio 2012

No.

Non so che scrivere, ma devo scrivere. Non so a che serve. Non so se è apertura o chiusura. Non so se pregare o bestemmiare, che spesso di concetto sono la stessa cosa. Non so che tempo è fuori, se piove o ride il sole. Se è da camicia o maglione. Non saprei dove andare. Non voglio restare. Non voglio farmi vedere, non voglio chiedere né rispondere, urlare o bisbigliare. Non voglio ridere alle mie spalle o piangere in faccia a cosa, a chi? Voglio pensare. Non a qualcosa che mi tiri su, né a qualcosa che mi tiri gù. Voglio vivere la vita che avevo. Voglio un altro cervello, un altro passato, un altro presente, e Dio mio, non so se voglio il futuro. Non voglio ricevere, non voglio chiedere e come sempre voglio dare. Ma non voglio dare. Non devo a nessuno e nessuno deve a me, ma se nessuno deve a me io non sono nessuno, soprattutto quando ti accorgi che la vita ti cancella la faccia, fino ad assomigliare a nessuno. A nessuno che vorresti essere, a nessuno che hai incontrato per strada a portare il cane a pisciare. Null'altro che nulla. Voglio solo le mie sigarette, fino alla nausea. Fino a preoccuparmi d'un qualche male da evitare, ed evitarlo. Voglio che la mia sambuca mi rifaccia le papille fino alla notte, e voglio una notte dopo la notte. Ma la sambuca comincia già a farmi schifo. E con lei tutto quello che brilla d'autocommiserazione. Voglio contatti col mondo, ma non col mondo intero. Voglio un contagocce umano da svuotare nel cesso. Voglio il potere di controllare un carosello di poveri cristi che mi ballano intorno, solo per poterli congedare. Voglio una persona al mio fianco, e quando dico che la voglio, la voglio che mi tiene per mano per aiutarla a tenermi per mano, ché la mia mano stringe con l'unico significato di dare forza a chi me la stringe. Voglio esplodere come l'atomica e schiudermi come una margherita del cazzo. Voglio danni, cemento che salta e gente che piange. Voglio gente che ride per me. E che ride per sé. Voglio intorno gente che ride perchè sa piangere per bene. Non è stupido. Non è indecoroso. Non è debole. Pisciare sulla mia maschera di buon vicino, ed essere strattonato per la mia recondita, oscura sociopatia. Questo m'aggraderebbe. Pisciare su tutto, e poter dire che potevo. Che fosse logico, che ci fosse possibilità causale per cui se il cielo mi piscia addosso io cortesemente gli rendo il favore. Non c'è Niente, da nessuna parte. E il mio grande orgoglio sta nell'averlo pensato anche quando le cose filavano lisce, verso il basso ma senza intoppi, lisce, ché non devi infilare le manine in mezzo agli ingranaggi d'un sistema che va giù. Non aver detto tante cose, e ancor prima non averle vissute. Voglio stare a zero, come i "voglio" stanno a zero. Essere il non-essere di quello che sono. Sopportare, con calma e ragione, le ingiustizie, o vendicarle con forza. Sarebbe bello saper superare le cose. Sarebbe bello un sano orgoglio dittatore, e non un tiranno fantoccio nelle mani del popolo che puzza di brutto.
 Sarebbe alquanto colorata una vita in cui: perdonare. Perdonatemi, perchè io non lo so fare. Sarebbe bello saper dare ed avere, mentre pensi "così va, così mi piace, così mi vedo". "Con te mi vedo" è un'altra cosa che vorrei. E non dev'essere questione di pregi, ma di difetti. Rivoglio tante cose. Rivoglio ri-provare ad essere felice, o almeno a lanciare i dadi. Rivoglio indietro la mia tristezza, quella tristezza che non è cupa. Quella tristezza che è una parentesi in un lungo discorso da applausi. Non vedo perché non potrei, non vedo perchè non abbia potuto. E invece è successo l'inesplicabile. Cerco ali e catene. Cerco serate infinite e orologi che "sti cazzi", mentre si appannano i vetri dell'auto. Cerco serate solitarie a fissare le dinamiche del buio.
E ripenso a mia madre. Ripenso a mia nonna. Ripenso al tempo che hai perduto ad accarezzarmi la testa, e a quello che ho perso io a darti per scontata. Ridico cose non dette, ora, a chi? A un ricordo, a un angelo, a foto sbiadite, a foto sciolte, a foto in cornice, a libri incompleti, a discorsi inconclusi,  a letti perfetti, televisori spenti, a persiane inchiodate?
Il tempo è il nemico più infido. Il tempo è nemico bastardo. Il tempo è vita. E la vita non ci restituirà più niente di quello che ha preso, né a me né a te. La vita non ti restituirà la vita, e a me non restituirà la pelle liscia. Non restituirà un gioco da bimbo, né i castelli sospesi, né le morali concrete, nè le carezze, gli abbracci, i baci imbarazzati e le risa. La vita s'è presa tutto, e un giorno si prenderà anche me. Ma io sono un tipetto in gamba e non mi faccio prendere per il culo.


E ora. Ora in finestra, ora in gardino, ora al cesso. Ora a fissare i treni che scappano e le collisioni astrali. Ora per strada, ora sui libri, ora a sorridere in foto. Ora a bere, ora a fumare, ora a girare fino alle 4 del mattino con la scusa del tabacco, e cantare filastrocche del tipo che va bene così. Ma non va bene per niente. Io però me la rido.


2 commenti:

  1. Una bella onda anomala. E la conosciamo fin troppo bene, ché arriva a notte fonda (sempre a notte fonda) e non ti lascia il tempo di respirare.

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    1. Già... Scrivi, poi pubblichi, chiudi il pc per non perdere del tutto la testa, e ti rendi conto di non aver buttato giù altro che una parte insignificante dell'onda, o addirittura di esserti ringoiato la sua parte più pesante e "bella".
      Ci saranno altre notti fonde...

      Un abbraccio

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