venerdì 5 ottobre 2012

Nαρκαω





Sei il mio passo successivo
l'eleganza
di un cuore che pompa forte
ma silenzioso
 riempie le tue guance create per sorridere
Una mano ondeggia vicino al fianco mio
ma non mi tocca
anche se 
a volte
la tua identità mi abbraccia 
affettuosa  
e a me va bene.
Sei lo spettro rapido dei colori
e io l'occhio pigro
  che
 scatta 
una foto per volta
mi basta così
mi basta giocarci con le dita
sul divano e sotto il vapore
quando scendo dal letto una mano per volta
Di diritto dovrebbe essere tua
la mia notte stupida
ma lavoro sodo
e tu non mi fermare
mai
se pure quest'acqua diventasse terra
 e io concime 
se pure il fuoco smettesse di accendersi in inverno
se pure la nebbia tra queste fronde umide fosse veleno
se pure morissi in questo specchio.
Non fermarmi mai, ché io so che non ti fermi 
"non fermarti", sì è banale
ma forza, 
scioglici
azzardami, ché vivermi è essenziale
e impattami
 come un fungo d'aria e pollini impazziti
uniti dal ricordo d'un botto potente
e lieve
 come la speranza
che può celare un fiore di bosco
un fior di fonte.
Annego 
alla fine va bene così.






lunedì 10 settembre 2012

Manate d'inchiostro. Celestino.


Volta faccia la rugiada
Quando picchia marmo legno
sassi
sorella acqua
e strada
Volta faccia l’anima
Quando viene il fiato senza respiro
E volta faccia l’infanzia
L’infanzia che ci accarezza il sonno
Quella che perde e vince
Che piange sempre e sempre torna a ridere
Quella che è Venere Marte e Saturno
e piccole meteore luminose
Quella che è notte e alba e mai giorno
Per non essere tramonto
Volta faccia
L’infanzia
quando la mente dimentica il corpo
E i corpi del tuo giardino dimenticano la tua
di anima
Quando si fermano un po’ più in là
Continuando a fissarti con quegli occhi spalancati
Che hai visto troppe volte
e non riconosci mai
Algidi e disperati
Dolci e aggressivi
Solitari e soli
Pudici e sinceri
Guardano per poi guardarsi dentro
E spiano la dolce vita che cammina tra le vibrazioni
Dell’ultimo petto

È lo slancio
Immobili come l’acqua d’un lago
Sconfitti e placidi

Quando desidera, cambiamento vien fuggendo
e stuprando
la vita loro è ormai la tua memoria
la vita loro è ormai la tua testa di granito
la vita loro è ormai le urla
la vita loro è forse un peso che va in lacrime
Cazzo sei in cima all’ Everest ora
Te ne sei accorto?
Sei sul ghiaccio
Sei nel vento
A un palmo dal cielo bianco
Lontano da tutto
E non torni prima di mezzanotte

Costruiamo case per metterci dentro case
Più nostre
Aspettando la muta
Ma di tanto in tanto ce ne dimentichiamo
E il tempo di novità arriva comunque
Lasciandoti lì col tuo ossario di foto e orologi
Scopato da quel cielo stellato
 In cui tutti credono per una stupida stella polare



La morte non ha risposte perché non è una domanda.

sabato 8 settembre 2012

Maggio, I


C’è un vento che prende in braccio il silenzio
e agli alberi gobbi ruba le vesti.
I figli cadono, e ai padri l’assenzio

Distoglie le mani dal raccoglierne i resti.
Il tempo che fugge muore
E nel tempo che resta tu resti

Come un’ombra davanti al tuo solo rumore
Che stride e fa eco in un letto fasciato,
con la guancia fredda che impedisce l’amore.

Anche se quel che sarà se l’è preso il passato
e le albe son perse nella conta dei giorni
Io ti sento che tiri da un lato,

e ti penso, ché se spesso ritorni
lo fai da dentro l’anima
e di quell’ora di nausea cancelli i contorni.

Sbuffi via il fiato e nemmeno una lacrima,
Poi nulla più.
E Lei che pretende l’ultima decima

Se ne esce via, noi dopotutto qui giù
Come pecore in mezzo ai lupi
Sotto nebbie di ferro, su un prato che fu.

Campagna triste, se insieme pecore tra i lupi
E se da soli siamo porco che vive del vuoto del porco
Che va in grasso al bovaro per gli inverni più cupi.

E invece del grano canzoni sul granoturco,
di fate incrociate e porte aperte
per far pace la notte col terrore dell’orco.


Tra le braccia solo coperte
Ora, e una casa morta che urlava impazzita
Si  fa imbarazzare dal sole potente,

da un vento chiaro e una spina appassita
Ai figli nuovi, quel che sarà, sarà stato
e arranca sul colle della prospettiva finita.

Tu piangi, e allora allaga questo fossato
Col mare degli occhi. Stammi vicino
Ridammi la spalla
 e la mano
e il petto
e un tetto stellato.
Saprò aspettare.

domenica 26 agosto 2012

Ai Michè.

Qui al cuore del bosco
s'incendiano la canna fumaria
e una melodia che conosco.
Strozzami aria,
ch'io m'avvolgo in me stesso
tra lenzuola mattoni e malaria
che si finge decesso
che si mangia da sé,
che promette l'amplesso
di due vite. Ma resto in me.
Quello che ero prima del sole.
Rimango quello senza i perché.
Ancora casa senza nazione,
sempre prete ch'è muto al Signore.
Dolce mai, ma l'acqua in cui naufrago
si tinge d'un acre di morte
e spuma è sputo di questo pelago.
A volte si prende com'è, malasorte
ti vomita fin sugli occhi del cielo
appena con lo scatto di stringerti forte
alla prima stella che squarcia quel velo.
Blu nero. Stanco di essere
Ermetico insano, eppure sincero.
Un Salve pretto, nudo di chiacchiere
a chi s'oscilla ora fiero ora vuoto
con una mano. Con l'altra dipinge
chissacché. Ciascuno devoto
a chissacchì. Non mi tengo, non ce la faccio.
Mi dico "schiantati" con l'unico fiato.
Eppure qui, ancora dipeso dal braccio
coi rami che chiamano e la canna che  aspira
a salutare chi ora riposa sul laccio
e balla.
come il Tempo
come i frutti
come il sonno.
Nessun bosco chiama più,
non brilla nessun camino.
eppure balla.
Così.




venerdì 3 agosto 2012

Vento d'estate.

Vento rosso
sotto un cielo vergine.
  Vento che calma i miei silenzi
Vento che genera.
      Aria che sputa via la cenere.
Aria che vibra. Aria che accarezza i denti.
       Ridiamo.
Vento che genera polvere, che spazza la polvere,
           vento che ruba le maschere.
Scirocco di sangue, sangue negli occhi
                                         e brezza che asciuga.
   Vita che soffia, adesso che brucia
    e domani di cenere,
proprio mentre ieri era l'altro. Ora, proprio
   l'altroieri resta in catene.
In catene come i ricordi in un fiocco di neve
   ch'ora si posa s'un vecchio tramonto d'inverno
cullato dal vento.
                  Cullato.
  Cullato.
                       Cullato.
Dentro. Vento freddo oltre il verde.
  Ancora dentro, macerie
                        svegliate dal vento,
  forse fuori le mura
     con la brezza dell'alba.
Vanto della natura
         Vento fosco senza intemperie
soffia ancora e ancora e ancora,
   soffiaci via,
                    e fiducia mia fatti dimora del vento.
Folata di buono e odor di pensiero
    ad ogni respiro,
la mia anima applaude la tua
    in attesa di un caldo
folle
   totale
       amplesso nel vento.
In silenzio.

mercoledì 18 luglio 2012

Cani che abbaiano e un foglio vergine.

Dietro di me c'è un bivio
e una strada già scelta
dietro di me c'è un sapore
che neanche il pane lava via
dentro di me c'è un cuore che pompa
e che una su tre si stringe fino a diventare un piccolo uomo.
La notte si lascia bucare dalla luna e le stelle,
sopra di me
 tramonti in bianco e nero
e musiche latine.
e io da quaggiù, minuscolo.
Mentre guardo ventenni sedotti dal tempo che manca
rincorrono l'ombra della noia
e l'afferrano. Incredibile.
Mentre guardo le piazze piene di crisi
mentre guardo questa casa inetta
mentre leggo i fiumi che scorrono
mentre sento le ambulanze pisciarsi addosso dalle risate
cammino
 cieco e sordo.
Sono forse ancora grato ai ricordi
e li odio con tutto me stesso.
Allora ricomincio da domani,
e per ora mi lecco il pus
nello stomaco
nei reni
nel cancro ai polmoni che tutti mi augurano.
Allora raccolgo le sensazioni e ci faccio un museo a tinte nere
Quindi è questo il superamento?
ditemi.
Il mio corpo è un armadio
qua e là i tarli mi consumano la carne
 qualche bastardo guarda attraverso
qualche luce rossa in tempesta
s'innamora
dell'assoluta imperfezione del mio mettere ordine.
 io mi lascio innamorare
mentre perdo liquidi preziosi
che non posso più donare al mare del sud
e che il mare del sud ha riportato a riva.
gonfia impetuosa marea
alla fine mi hai preso
 m'hai mangiato gli occhi.
Sicché il mio verde cristallino s'è perso in troppe lacrime
 ad allevare rose morenti
e crisantemi rigogliosi
che crescono sotto di me
e si muovono
come mani che graffiano
urlando cifre e debiti
lanciandomi sassi di porpora
puntando gli indici.
Ho provato a spezzarli
ma per ogni dito mozzato cresce un'altra mano più inquietante.
Si sgonfiano le sacche mentre respiro
come vecchie cornamuse
apro la bocca e suono
 ben sapendo di stonare col giardino di Luglio
e col vento rosso che dentro piange
perché ha troppa forza di amare.
Io sono qui, intorno a me
col meglio della mia anima gettato nell'aria putrida di un mondo di merda
e aspetto qualcuno che mi sogni ancora per intero.
Tornare al bivio.




mercoledì 16 maggio 2012

No.

Non so che scrivere, ma devo scrivere. Non so a che serve. Non so se è apertura o chiusura. Non so se pregare o bestemmiare, che spesso di concetto sono la stessa cosa. Non so che tempo è fuori, se piove o ride il sole. Se è da camicia o maglione. Non saprei dove andare. Non voglio restare. Non voglio farmi vedere, non voglio chiedere né rispondere, urlare o bisbigliare. Non voglio ridere alle mie spalle o piangere in faccia a cosa, a chi? Voglio pensare. Non a qualcosa che mi tiri su, né a qualcosa che mi tiri gù. Voglio vivere la vita che avevo. Voglio un altro cervello, un altro passato, un altro presente, e Dio mio, non so se voglio il futuro. Non voglio ricevere, non voglio chiedere e come sempre voglio dare. Ma non voglio dare. Non devo a nessuno e nessuno deve a me, ma se nessuno deve a me io non sono nessuno, soprattutto quando ti accorgi che la vita ti cancella la faccia, fino ad assomigliare a nessuno. A nessuno che vorresti essere, a nessuno che hai incontrato per strada a portare il cane a pisciare. Null'altro che nulla. Voglio solo le mie sigarette, fino alla nausea. Fino a preoccuparmi d'un qualche male da evitare, ed evitarlo. Voglio che la mia sambuca mi rifaccia le papille fino alla notte, e voglio una notte dopo la notte. Ma la sambuca comincia già a farmi schifo. E con lei tutto quello che brilla d'autocommiserazione. Voglio contatti col mondo, ma non col mondo intero. Voglio un contagocce umano da svuotare nel cesso. Voglio il potere di controllare un carosello di poveri cristi che mi ballano intorno, solo per poterli congedare. Voglio una persona al mio fianco, e quando dico che la voglio, la voglio che mi tiene per mano per aiutarla a tenermi per mano, ché la mia mano stringe con l'unico significato di dare forza a chi me la stringe. Voglio esplodere come l'atomica e schiudermi come una margherita del cazzo. Voglio danni, cemento che salta e gente che piange. Voglio gente che ride per me. E che ride per sé. Voglio intorno gente che ride perchè sa piangere per bene. Non è stupido. Non è indecoroso. Non è debole. Pisciare sulla mia maschera di buon vicino, ed essere strattonato per la mia recondita, oscura sociopatia. Questo m'aggraderebbe. Pisciare su tutto, e poter dire che potevo. Che fosse logico, che ci fosse possibilità causale per cui se il cielo mi piscia addosso io cortesemente gli rendo il favore. Non c'è Niente, da nessuna parte. E il mio grande orgoglio sta nell'averlo pensato anche quando le cose filavano lisce, verso il basso ma senza intoppi, lisce, ché non devi infilare le manine in mezzo agli ingranaggi d'un sistema che va giù. Non aver detto tante cose, e ancor prima non averle vissute. Voglio stare a zero, come i "voglio" stanno a zero. Essere il non-essere di quello che sono. Sopportare, con calma e ragione, le ingiustizie, o vendicarle con forza. Sarebbe bello saper superare le cose. Sarebbe bello un sano orgoglio dittatore, e non un tiranno fantoccio nelle mani del popolo che puzza di brutto.
 Sarebbe alquanto colorata una vita in cui: perdonare. Perdonatemi, perchè io non lo so fare. Sarebbe bello saper dare ed avere, mentre pensi "così va, così mi piace, così mi vedo". "Con te mi vedo" è un'altra cosa che vorrei. E non dev'essere questione di pregi, ma di difetti. Rivoglio tante cose. Rivoglio ri-provare ad essere felice, o almeno a lanciare i dadi. Rivoglio indietro la mia tristezza, quella tristezza che non è cupa. Quella tristezza che è una parentesi in un lungo discorso da applausi. Non vedo perché non potrei, non vedo perchè non abbia potuto. E invece è successo l'inesplicabile. Cerco ali e catene. Cerco serate infinite e orologi che "sti cazzi", mentre si appannano i vetri dell'auto. Cerco serate solitarie a fissare le dinamiche del buio.
E ripenso a mia madre. Ripenso a mia nonna. Ripenso al tempo che hai perduto ad accarezzarmi la testa, e a quello che ho perso io a darti per scontata. Ridico cose non dette, ora, a chi? A un ricordo, a un angelo, a foto sbiadite, a foto sciolte, a foto in cornice, a libri incompleti, a discorsi inconclusi,  a letti perfetti, televisori spenti, a persiane inchiodate?
Il tempo è il nemico più infido. Il tempo è nemico bastardo. Il tempo è vita. E la vita non ci restituirà più niente di quello che ha preso, né a me né a te. La vita non ti restituirà la vita, e a me non restituirà la pelle liscia. Non restituirà un gioco da bimbo, né i castelli sospesi, né le morali concrete, nè le carezze, gli abbracci, i baci imbarazzati e le risa. La vita s'è presa tutto, e un giorno si prenderà anche me. Ma io sono un tipetto in gamba e non mi faccio prendere per il culo.


E ora. Ora in finestra, ora in gardino, ora al cesso. Ora a fissare i treni che scappano e le collisioni astrali. Ora per strada, ora sui libri, ora a sorridere in foto. Ora a bere, ora a fumare, ora a girare fino alle 4 del mattino con la scusa del tabacco, e cantare filastrocche del tipo che va bene così. Ma non va bene per niente. Io però me la rido.


domenica 13 maggio 2012

Vuoto.

Ogni tanto il vuoto si partorisce da sé, come i vermi. L'importante è lasciarlo morire di fame.

Ma io lo tratto come un figlio.

giovedì 26 aprile 2012

Retaggi dell'infanzia

Bisogna adattarsi
o mandare a fanculo.
Bisogna puzzare di senso
o profumare di follia
e andarsene a fanculo.
Bisogna, bisogna, bisogna.
E un patetico regista
che svela drammi
che scioglie i suoi De Niro
solo per un pazzo 
inatteso
lieto fine.
Che scava
che ci lascia le unghie
solo per vedere l'acqua
e trova il pozzo nero.
Che aspetta impaziente l'ora della pazienza.
In fila per altro male di conforto.
e con le braccia
 che planano in verticale
coi pugni verso il mondo
Ché non muore finché è morto.
Ruba estati al calendario
tormenta la pellicola
e quando le luci spente
lo illuminano a letto
coi piedi bagnati
lui continua a sospettare 
che il mare
Il mare c'è anche d'inverno
solo che nessuno ci va.
Che la notte c'è anche di giorno.
E Roma è sempre Roma
anche a Parigi.
Che sotto sotto c'è il sotto
basso come un sogno
profondo e puntinato
tutto dissolvenze e niente azione
E che
 i calcinacci a bordo società
sono sempre vecchie case
o nuovi parcheggi.
Pastori o greggi?
su verdi distese di sale.
E che conta mai se la fine
è fine geniale?... 


venerdì 20 aprile 2012

Corro.


Un semplice lancio nel vuoto
Un semplice vuoto nel petto.
È lo stacco
Sei Te che fuggi,
Fuggi
Ma dimmi sempre che tornerai.
Il mondo cadeva, i fiumi bruciavano
Il mare ribolliva nero e saliva per prenderci
Il cielo pregava
Il destino sapeva
E tutti noi sapevamo che non c’era più un sole
Né potevamo fermarci ad aspettare la luna.
Correre. Contrari alle stelle.
Correre
E correre.


mercoledì 11 aprile 2012

The eternal sunshine of the spotless mind, I


Tempo di grano e polvere
Del sole bambino
Del fiore, della rondine
“ciao”…
Così, semplice
Tu dietro di me
E poi buio e poltrone
E due mani vicine
Poi vennero i passi nella notte
E due notti che s’uniscono
Poi gli sguardi
Ed i sogni
 io li serravo,
 e tu li serravi
Te uscivi, io entravo
Te mi entravi, e io non ne sono più uscito.
La felicità è folle
È bugiarda
È candida, è bella
Ed io speravo.
Ci baciammo, in un giorno come tanti
Senza preavviso.
Cos’eri …!
Il mio cuore in ogni angolo del corpo tuo
Mentre la luna si nascondeva
Perdevo la mia notte,
ci perdevamo, stretti per mano
e nel buio dell’eclissi
niente m’avrebbe separato dalle tue labbra
Te, tanto bella da commuoversi
Tanto che il mondo stendeva un velo dorato
Tanto che il tempo apparecchiava la scena
Su quelle sante carezze
E nulla era lasciato al caso.
In un lampo eri mia, mia e non della notte
Mia e non del giorno
Mia e non dell’estate
Mia e non del grano
Mia e non d’un libro di filosofia
mia e d’una camicia bianca
mia e lontana dal sogno, lontanissima dal reale
mia e col sorriso sulle mani
mia e col paradiso tra le risa
mia e con Dio tra gli occhi socchiusi
mia e liquida
mia e deliziosa
… fantastica.
Col corpo tenero e caldo,
un chicco di caffè e uno sguardo infinito.
Ed io … sciolto e pazzo.
… Decisamente amore …

martedì 20 marzo 2012

A mio nonno. 9-11-2011


Sapere della vita
È un attimo che affiora
E che troppo veloce se ne va
Il mondo ci divora
Si lecca una ferita
E noi siamo i batteri, il pus
Il sangue, la carne, l’osso che sporge
Le urla, i pianti
Il taglio.
Esistere a lungo
È un dono, e una minaccia.
Minacciato per 88 anni
All’ottantanovesimo sei più vivo
Dentro di me.
E non mi guardo indietro per trovarti
No …
Io vedo la tua mano nella mia,
alla mia sinistra
alzo gli occhi
e quello scoperto dal cappuccio
si riempie del tuo sorriso infinito.
In fondo
Io sono ancora quel bambino
Che prendevi a scuola,
e te sei ancora mio nonno,
dopo che la vita ha smesso di minacciare
E s’è ripresa il dono.
Sempre …


- A mio nonno. 
09-11-2011

lunedì 12 marzo 2012

giovedì 8 marzo 2012

Il tempo...

Sono giorni di ossessioni. "Teniamoci impegnati" è la parola d'ordine, ma non c'è niente da fare: l'angoscia alla fine ti viene incontro a cavallo del Tempo e ti porta con sé, che tu lo voglia o no... e che tu lo voglia o no sarai parte di questo presente, gustandoti ogni minuto prima che diventi passato.
E no, non c'è nient'altro da fare se non aspettare il trauma, la cesura, il vomito vero, la bile e i pugni, l'alcool... se non aspettare a testa bassa l'arrivo della rivoluzione. E non c'è fedeltà che tenga, né a sé stessi ne all'Altro, quando tutto si veste di aria.

Un profondo senso di vuoto nel cambiamento, quando delusioni e angosce lasciano spazio al profondo dell'animo. Lì, ora, vedo uno specchio coperto da un panno, e non so sinceramente per quanto ancora resisterò alla tentazione di allungare la mano e "riflettere", davvero, a nudo, crudo, solo, povero. Da lì in poi avrò tutto il tempo del mondo, ne sono certo.
Sarà il tempo in cui TU troverai altro, t'ingannerai e t'illuderai d'aver raggiunto una sponda più verde. 
Quando questo tempo arriverà, e arriverà presto, davvero non saprò dove guardare.

E' pessimo, tutto quanto. E' asettico. Niente sapori, niente odori, niente presente, niente che sia degno di memoria... è solo una fase di passaggio, come sempre giustapposta alla speranza di ritrovare sé stessi.

Il Tempo è il nemico più scaltro
come quando poso i libri, o l'ultimo piatto pulito, quando m'insapono i capelli... lì il tempo mi vede e
io TI vedo. 
Nel pieno di te. Ti vedo ridere, dormire, accoccolarti, ti vedo stretta a me nelle lunghe ore d'un treno d'estate, abbracciata a un superuomo che di "super" ha solo la capacità di uccidere le cose.
Ti vedo nelle mattine torride in riva al mare, che progetti cose, che mi vivi senza paura, che esprimi benessere e sicurezza.
Ti vedo umana, raggiante, placida, ti vedo dormire dentro di me.
E quando ti vedo sei coperta, nuda, ricca, piccola, grande, bambina e donna. Quando ti vedo, eri.
E non sarai, più, per me, quello che vedo, per me e verso di me.
La mia vista è ora parte d'un paesaggio autunnale e come le stagioni sono sfiorito. E nel mio inverno non c'è a quanto pare nessun camino fumante: solo legna morta e vento, solo nuvole e lune pomeridiane. Solo lampioni e macchine, dietro un vetro granito dalla pioggia.
E ora non posso pensare che chi ti voleva toccare, troverà più motivi per tentare. E non posso pensare che il candore di certe luci te lo potrà ridare solo il viso fresco d'un altro.
Non ci posso pensare. Voglio solo dormire, e non svegliarmi mai finché il futuro non diventi presente, e il passato si spenga in una bara.
Eppure dopo tutto credo non ci sia altro che me, e il Tempo. E' troppo tempo che è tempo di qualcosa.


Comunque,

ora è tempo di guardare le stelle e cercare di non farle piangere.




Un abbraccio vuol dire “tu non sei una minaccia.
Non ho paura di starti così vicino.
Posso rilassarmi, sentirmi a casa.
Sono protetto, e qualcuno mi comprende”.
La tradizione dice che quando abbraciamo qualcuno in modo sincero,
guadagnamo un giorno di vita.


Aleph, Paulo Coelho

domenica 4 marzo 2012

La notte


La notte
È un orologio ad acqua
È una meridiana nera
È un camminare disteso
Un suono profondo
Penetrante
Liquido
E’ un mente che si lascia pensare
Un vuoto accogliente
Una pausa banale
E un segreto sociale
È libertà
È vita, Dio, brace
È stelle, cielo e se siamo fortunati, luna
È sole sconfitto
Ribellione filosofica
Miseria
Malizia
È placidi affanni
È sesso, o forse no
volente o nolente
La notte è niente
È la morbida mano di un bambino
Prendila … 

lunedì 20 febbraio 2012

Ogni tanto fingo di scrivere poesie.

Ogni tanto fingo di sapere quello che accadrà
ogni tanto fingo di non sapere proprio niente di quello che il mondo mi sussurra
quando cedo gli occhi al diavolo
e mi faccio indicare mondi più verdi
e mari più blu.

Ogni tanto sono solo un povero stronzo
che crede di spaccare il mondo con quattro parole al buio.
ma la notte finisce...
... e il mondo si sveglia...
e gli uccellini cantano...
e i vincenti vincono...
e i perdenti aspettano l'autobus...
e le farfalle volano...
... e le stelle si salutano...
e la marea si fa timida...
e la morte si scrolla le spalle
e i tg s'accendono..
e le chiese suonano...
i negozi urlano
le banche pescano placide...
e la gente succhia il cazzo al sole
di qua e di là
su e giù
e la vita si vive...
mentre mentre chi vive
 muore
e chi viveva
 dorme.

Sono in grado di grande amore
...
ma ogni tanto
non sono in grado di niente.

Il mio primo post...

Sono le h2.14 del mattino.
Avrei da fare, ma devo distrarmi. Ma da cosa?
In fondo oggi non è successo niente. Forse è questo. Forse c'è un che di conciliante nel piattume, il piattume è quel foglio bianco che il tempo ci tiene da parte, non è meno nostro di quanto lo sia l'azione.

Mi sento un pò in imbarazzo, mi sento bloccato, censurato, autocensurato e strano.
Di che parlare?
Forse potrei parlare di errori, di libertà perdute e sorrisi mutilati...
Potrei parlare di azioni filtrate dal pensiero, di cervelli-dittatori, di angosce cerebrali e occasioni sprecate...

Si può parlare di tutto qui sopra, questo è il problema. Però bisogna partire da qualche parte.
Quanto serve il pentimento nella vita? A cosa serve l'errore? ... una volta varcato il limite non si torna indietro e ci si prende la responsabilità...
... ma cos'è la responsabilità?
Se guardiamo l'etimo, responsabilità è "risposta". Nella vita di tutti i giorni pretendiamo responsabilità e la chiediamo dolcemente a noi stessi.
E' una parola inflazionata, suo malgrado.
Ma nel profondo credo questo...:
 la responsabilità è una grossa presa per il culo.

RESPONSABILITA' vera
è dare una risposta fino in fondo, è essere certi di sè stessi. Responsabilità è un gesto d'amore incondizionato, orientato incondizionatamente, a tutti. Responsabilità è scegliere: "sì, mi pento e m'impegno a tenerti stretto chiunque tu sia"; oppure "no, cado nel vortice di merda della vergogna più nera di qualcosa che ho fatto e non sai, o di qualcosa che ho fatto e sai fìn troppo bene. E allora me ne vado con dignitoso riguardo nei confronti della vittima presunta."
In alcuni casi, responsabilità è finire col culo per terra e non negare niente a nessuno. Responsabilità è la dignità di andare avanti con gli anni, e avere le palle d'intristirsi per ciò che la vita non può non toglierci, e di rimboccarsi le maniche per le amicizie infrante e gli amori perduti. Per le occasioni non colte, i lavori lasciati, le famiglie abortite, gli egoismi impuniti.
Il '900 è iniziato all'insegna di una parola: Responsabilità.
Gli esistenzialismi ci hanno fatto due palle così e non ci hanno mai spiegato niente di niente.
Un concetto come la responsabilità, mi dispiace, ma è applicabile a ben pochi esseri umani. La responsabilità è la forza di sentirsi soli, ma soli per davvero, e non attaccarsi alla gonna di nessuno.